carenza vitamina D

Come riconoscere e combattere la carenza di vitamina D

Cos’è la vitamina D?

Con il termine vitamina si identificano delle sostanze organiche indispensabili per la vita che devono essere introdotte con la dieta poiché l’organismo non è in grado di sintetizzarle.

La vitamina D identifica un gruppo di molecole che hanno il compito principale di regolare il metabolismo del calcio e del fosforo e che viene principalmente sintetizzata tramite l’esposizione ai raggi del sole e in condizioni normali non è necessario assumerne anche attraverso l’alimentazione per raggiungere una concentrazione adeguata.

È presente nel corpo umano in due forme: la vitamina D2 (ergocalciferolo), assunta attraverso l’alimentazione, e la vitamina D3 (colecalciferolo), ormone sintetizzato dall’organismo a livello cutaneo grazie all’esposizione ai raggi ultravioletti. Trattandosi di un pre-ormone, la vitamina D deve essere attivata tramite due idrossilazioni, quindi tramite due reazioni enzimatiche: la prima avviene a livello del fegato, la seconda a livello renale.

Le funzioni della Vitamina D

La vitamina D è una componente fondamentale della regolazione del metabolismo del calcio e del fosforo: ne favorisce l’assorbimento a livello intestinale e ne riduce l’escrezione con le urine. Agisce anche direttamente sullo scheletro, promuovendone la crescita fisiologica e aiutandone il continuo rimodellamento, fondamentale per garantire le proprietà strutturali, l’elasticità e la forza dell’osso.

Negli ultimi anni, inoltre, diversi studi hanno evidenziato come la vitamina D, oltre a svolgere un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute scheletrica, sia implicata in un grande numero di funzioni fisiologiche extra-scheletriche. La scoperta della presenza dei recettori della vitamina D a livello di molte cellule e tessuti dell’organismo ha portato a ipotizzarne possibili funzioni a livello del sistema nervoso centrale, cardiovascolare, immunitario, così come sul differenziamento e sulla crescita cellulare. Altri studi hanno suggerito una possibile associazione tra omeostasi della vitamina D e malattie infettive, metaboliche, tumorali, cardiovascolari e immunologiche, e al momento sono in corso numerosi studi sulla correlazione tra la severità dell’infezione da COVID-19 e i livelli di vitamina D.

I sintomi da carenza di Vitamina D

La carenza di vitamina D è asintomatica e si manifesta soltanto quando il deficit è molto grave ed è misurabile con le analisi del sangue, infatti i valori normali sono compresi fra 50 e 60 mg di vitamina D per millilitro di sangue. È importante che vi sia un’adeguata concentrazione di calcio nel sangue, poiché una carenza cronica può comportare un difetto di mineralizzazione ossea che porta allo sviluppo di rachitismo nel bambino e osteomalacia nell’adulto.

Altri sintomi molto comuni sono dolori alle ossa e debolezza muscolare, sudore alla testa e alle mani, se ci si sente spesso stanchi, deboli e depressi è probabile che si abbia una carenza di vitamina D. La serotonina, l’ormone associato al buon umore, aumenta con l’esposizione alla luce e regredisce quando l’esposizione al sole diminuisce. Tra i sintomi di scarsa vitamina D c’è anche una tendenza all’irritabilità nervosa.

La pelle scura, inoltre, richiede una maggiore esposizione al sole per produrre vitamina D: il pigmento della pelle agisce infatti da filtro naturale. Gli afro-americani sono per questo più a rischio di carenza di vitamina D e hanno bisogno fino a dieci volte di più di esporsi al sole per produrre la stessa quantità di vitamina rispetto a una persona dalla pelle bianca.

Anche l’età è un fattore sensibile: le persone anziane sono più carenti di vitamina D non solo perché tendono a passare più tempo in ambienti chiusi, ma anche perché ne producono meno quando si espongono al sole (un over 70 produce circa il 30% in meno di vitamina D di una persona più giovane). Nei bambini un sintomo di carenza può essere la comparsa dell’asma, soprattutto nei piccoli che passano molto tempo in casa.

Come si assume la vitamina D?

Oltre a una maggiore esposizione alla luce naturale, buone fonti alimentari per chi è carente di vitamina D sono il pesce e gli oli che contiene (soprattutto il salmone, il pesce spada, la sogliola, l’anguilla, la carpa, il dentice, lo sgombro, la trota, le sardine, il tonno, il pesce persico e lo storione). Tra gli alimenti ricchi di vitamina D ci sono anche le uova, soprattutto il tuorlo, il latte, il fegato e i grassi animali, i cereali tipo corn flakes, i funghi secchi, il latte di soia e di riso. Integratori di vitamina D sono inoltre facilmente reperibili in farmacia ed erboristeria e vanno dosati con l’aiuto di un medico.

Di norma si preferisce che il paziente segua delle somministrazioni giornaliere, settimanali o mensili di vitamina D che viene assunta di norma per via orale e nei casi più gravi con iniezioni intramuscolo.

Quali sono le conseguenze della carenza di vitamina D?

Visto il suo ruolo nel mantenere la salute ossea, tra le conseguenze dell’ipovitaminosi D vi sono patologie legate al metabolismo osseo, come rachitismo, osteomalacia e osteoporosi. La carenza di vitamina D può favorire anche la parodontite, patologia dentale detta anche piorrea, causata dell’indebolimento delle ossa mascellari.

Il deficit di vitamina D sembra connesso anche con molte altre condizioni mediche, tra cui diabete, ipertensione, cancro, patologie neurologiche (come la sclerosi multipla) e reumatiche (come la fibromialgia). Alcuni studi, inoltre, hanno messo in evidenza un rapporto tra carenza di vitamina D e disturbi cutanei come prurito, orticaria e allergie alimentari. Infine, se si verifica una carenza di vitamina D in gravidanza, anche il feto avrà livelli ridotti di questa vitamina.

Quali sono le categorie più a rischio di carenza?

Le categorie più a rischio di carenze sono gli anziani (in cui la capacità di sintesi cutanea è ridotta), le persone con la pelle scura (che, quindi, hanno più pigmento cutaneo che riduce l’assorbimento di raggi ultravioletti), le donne in gravidanza o allattamento, le persone che soffrono di obesità e quelle che hanno patologie dermatologiche estese, come la vitiligine, la psoriasi, la dermatite atopica o ustioni.

Sono a rischio anche i pazienti con malattie intestinali che causano malassorbimento, quelli che soffrono di osteoporosi o osteopenia, quelli con patologie renali ed epatiche e quelli che assumono farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D, come le terapie cortisoniche croniche o anticomiziali. Queste categorie di pazienti dovrebbero controllare periodicamente il proprio livello di vitamina D e, in caso di carenza, concordare un percorso di integrazione.