“Se capiamo chi è un criminale, allora possiamo anche capire come agisce.”
[Mindhunter]
La criminogenesi è una branca della criminologia che analizza nel loro insieme fattori genetici, ambientali predisponenti /inducenti all’agito criminale. La criminogenesi studia i fattori alla base dell’azione criminosa.
Secondo tale l’approccio, non tutti gli individui con tendenze violente, irritabili, aggressive o eccitabili compiono un delitto, ma solo coloro che non hanno la capacità di trattenere gli impulsi. In questa cornice di idee la personalità gioca un ruolo fondamentale.
In base ai risultati delle ultime ricerche nel campo della criminogenesi in relazione all’ambiente, gli elementi di analisi comprendono: predisposizione (soma), carattere (psiche) e ambiente (physis).
La classificazione di Kretschmer
Lo psichiatra tedesco Ernst Kretschmer ha sviluppato una classificazione degli autori di reati tenendo conto dei quadri clinici e di quelli psicologici, e questi ultimi con i tratti somatici. Queste sono le quattro categorie individuate dallo psichiatra:
- lo schizotimico, alto ed esile, di più frequente riscontro fra sofferenti di schizofrenia. Il crimine di questo tipo è caratterizzato dalla sua frequenza, la precocità, la tendenza estrema e progressiva per la recidiva. Non commettono atti di violenza, ma di furto, falsificazione, abuso di fiducia e sono ossessivi. Non hanno nessuna consapevolezza di assumere rischi, sono incuranti di se stessi e delle loro vittime.
- il ciclotimico, basso e tarchiato, più frequente fra sofferenti maniaco-depressivi. In termini di reato, sono selvaggi, brutali, rozzi e recidivi.
- l’atletico, dall’apparato muscolo-scheletrico ben sviluppato, più frequente tra gli epilettici. Questo tipo rappresenta una percentuale più bassa tra i criminali e la criminalistica, preferiscono i reati di astuzia come la truffa e la frode. Giungono anche all’assassinio sebbene corrano maggiormente il rischio di cadere in malinconia o depressione
- il displasico, dal punto di vista morfologico, le carenze displastiche possono verificarsi in caratteri sessuali secondari e in generale nella struttura somatica atipica e che può anche includere deformità. Tra loro ci sono deboli di mente e schizofrenici.
Questa teoria del 1921 ha trovato in seguito scarsa conferma ed è oggi ritenuta superata.
Neurocriminologia e profili criminali
Il comportamento deviante e criminale potrebbe essere dovuto a disfunzioni del sistema endocrino, da qui alcuni studiosi hanno voluto analizzare questa componente negli atti delittuosi fondando una nuova branca della criminologia chiamata appunto, neurocriminologia.
Oggi sappiamo che le interazioni con l’ambiente risultano determinanti per il corretto funzionamento del sistema neuroendocrino. In particolare, quando la qualità dell’ambiente e delle relazioni sociali risulta significativamente diminuita, si generano nell’organismo alterazioni che impattano sugli assi ipotalamo-ipofisi-tiroide (HPT), ipotalamo-ipofisi-surrene e somatotropo nel quale è coinvolto l’ormone della crescita (GH).
Tali alterazioni non si possono inquadrare unicamente in mere disfunzioni organiche, in quanto è dimostrato che si ripercuotono anche sul comportamento che, in taluni casi, può portare il soggetto malato a sviluppare patologie di ordine psichiatrico.
Nei soggetti con disturbi endocrini si manifestano un carattere incline all’aggressività che si innesca nei circuiti nervosi tramite ormoni e neurotrasmettitori.
Gli ormoni oggetto di studio sono quelli sessuali come il testosterone e gli estrogeni (prolattina) e così anche gli ormoni corticali come il cortisolo e gli ormoni di sostanza midollare surrenale, cioè l’adrenalina e la noradrenalina secreti dal midollare del surrene. Invece, il neurotrasmettitore maggiormente analizzato è la serotonina in relazione all’aumento dell’aggressività.
Allo stato attuale non è ancora possibile affermare che esista una correlazione tra i disturbi endocrini e il crimine. Piuttosto è più corretto affermare che un autore di un reato con disturbi endocrini non è da ritenersi pericoloso socialmente o responsabile del reato commesso in virtù della patologia del sistema endocrino, bensì per la comparsa di patologie psichiatriche correlate al sistema neuroendocrino.
Le teorie ambientali
Oltre ai fattori biologici sono da tenere in considerazione sia l’ambiente naturale (clima, geologia, atmosfera), sia le condizioni igieniche (alimentazione, abitazione, lavoro) e quelle sociali (politica, cultura, economia). In base a questi fattori sono state sviluppate tre teorie, di seguito riportate:
Teoria meteorica
Secondo questa ipotesi vi è una relazione diretta e proporzionale tra le condizioni climatiche e le cause della criminalità. In particolare i delitti contro la persona si verificano con maggiore frequenza nei mesi estivi, quelli contro il patrimonio, invece, ricorrono nei mesi invernali.
Teoria della scelta razionale
Assume che l’autore dell’atto criminale cerchi di trarre dal suo comportamento una qualche sorta di beneficio. La teoria, quindi, considera gli autori persone che attivamente prendono decisioni sulla base di un’analisi di costi e benefici sulle opportunità criminali che gli si presentano.
Il punto principale della Teoria della Scelta Razionale è che essa considera l’attuazione di un crimine come una serie di decisioni e processi attuati dall’autore nel commettere quel crimine.
Teoria sulla routine
Secondo tale teoria si afferma che per un crimine che si verifica, occorrono tre elementi:
- un aggressore motivato;
- una vittima designata;
- l’assenza di un difensore ovvero l’incapacità dei presenti di prevenire che il crimine accada.
L’approccio della Teoria delle Attività Routinarie guarda al crimine dal punto di vista dell’aggressore. Un crimine sarà commesso solamente se un potenziale aggressore ritiene che un bersaglio sia adeguato e un controllore efficace sia assente. È la valutazione della situazione da parte dell’aggressore che determina se il crimine avrà luogo.