“Una persona che si basa sulla logica deve vedere ogni cosa esattamente com’è, e la sottovalutazione di se stessi costituisce una deviazione dalla verità quanto l’esagerazione delle proprie capacità.”
Sir Arthur Conan Doyle
Prova del DNA o indizio?
Per parlare di prova, il metodo o il fatto utilizzato a sostegno dell’accusa, o della difesa, deve riferirsi all’imputazione, alla punibilità o alla determinazione della pena o della misura di sicurezza.
Ogni fatto estraneo a tali evidenze non può essere considerato oggetto di prova, ma, probabilmente, mero indizio. La prova scientifica deve partire da un fatto dimostrato e dimostrabile ripetutamente e, utilizzando leggi scientifiche, deve accertare l’esistenza di un altro fatto da provare, che risulta ignoto.
La prova scientifica se non è in grado di dimostrare il nesso di causalità che lega la condotta, il reo, la vittima e l’effetto dell’azione antigiuridica, non potrà mai essere utilizzata in maniera esaustiva (come prova regina) ma potrà essere fondamentale per sostenere le ragioni dell’accusa e della difesa in relazione al concetto di indizio.
In ogni caso, sia essa utilizzata per evidenziare il coinvolgimento di un indagato, o di una condotta, la prova scientifica dovrà essere assunta e formarsi in dibattimento, nel contraddittorio tra le parti.
La prova regina
La prova del DNA, per la qualità del sapere che consente di raggiungere, è una “prova regina”, ma anche una prova regina, con l’intervento dell’uomo, il quale la raccoglie, la conserva e la elabora, può scendere dal trono e perdere di rispetto e autorevolezza: basta un piccolo errore, una svista, per stravolgere l’apporto che essa può fornire al processo.
La sentenza di assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher si è giocata soprattutto sulle prove scientifiche. Si è avuto un completo ribaltamento della decisione adottata in primo grado, a fronte di una diversa e opposta valutazione non dei test del DNA, ma del loro utilizzo. Per la Corte d’Assise d’appello di Perugia le prove di colpevolezza ritenute, in precedenza, schiaccianti per entrambi gli imputati, diventano inattendibili. A convincere i giudici a ribaltare la sentenza è bastata l’obiezione che in via della Pergola, secondo quanto riferito dai periti, “non sono state seguite le procedure internazionali di sopralluogo e i protocolli di raccolta e campionamento” e “non si può escludere” che i risultati delle analisi possano derivare da contaminazione.
Lo scopo della prova del DNA è di fornire nome e cognome del proprietario della traccia biologica trovata su una scena del crimine. Capire come e perché quel DNA sia finito in quel preciso punto è compito degli inquirenti.
La normativa che “controlla” la prova del DNA
È importante dare un valore o un numero di riferimento tale che esso possa sostenere un dato altamente vicino alla certezza. L’introduzione della banca dati del DNA per esempio, introdotta nel sistema legislativo italiano nel 2009 ma effettivamente vigente dal 10 giugno 2016, obbliga tutti i laboratori ad eseguire calcoli biostatistici in relazione alla percentuale di errore nella conduzione di un accertamento.
Con l’introduzione della banca dati del DNA si obbliga, grazie all’adozione dell’accreditamento ISO 17025, a eseguire una stima dell’incertezza e dell’errore all’interno del laboratorio in cui viene svolto un accertamento.
Tale innovazione risulta importante perché permette al genetista forense di conoscere il suo limite e poterlo giustificare. Il dato scientifico, per poter essere utilizzato nell’ambito di un processo penale deve risultare certo e incontaminato, non deve essere degradato ma soprattutto deve essere comprensibile in modo da non compromettere le valutazioni di chi ha il duro compito di decidere e valutare.
Proprio per questo motivo nell’ambito della prova scientifica assume valore imprescindibile la biostatistica forense che ha il compito di misurare il peso del dato scientifico ed evitare (o ridurre) lo spazio dell’incertezza.
Nel celebre caso di Perugia per esempio, ogni consulente sul medesimo rilievo, riusciva a trarre conclusioni opposte e contrastanti sul dato scientifico a causa dei numerosi errori commessi dalle forze dell’ordine nel repertamento delle tracce biologiche. Utilizzando le nuove metodologie questo non potrà avvenire: se viene rispettata la catena di custodia ed evitata la contaminazione post delictum, il dato emergente dalla traccia avrà una precisione ai limiti della certezza. In ambito di prova del DNA, dopo l’introduzione della banca dati e dell’accreditamento ISO 17025 si è apportata una vera rivoluzione, tale da rendere il dato scientifico altamente affidabile.