Cos’è la malattia di Alzheimer?
La malattia di Alzheimer è una patologia neurodegenerativa che colpisce il cervello, conducendo progressivamente il malato a uno stato di totale dipendenza, ed è la più comune causa di demenza: ne rappresenta infatti il 60% dei casi. In Italia sono circa 600.000 le persone malate di Alzheimer, con 80 mila nuovi casi ogni anno.
Ad oggi le cause della malattia sono ancora sconosciute ma si rileva un’origine multifattoriale collegata a genetica, ambiente e stile di vita. Altro importante fattore è l’età, infatti la malattia si sviluppa molto spesso fra i 75 e gli 85 anni, ma possono essere colpiti anche alcuni soggetti più giovani, mentre altri più anziani, ultraottantenni o addirittura centenari possono non riscontrarla affatto.
La malattia di Alzheimer è ereditaria?
La malattia di Alzheimer non è normalmente ereditaria. La causa non è quindi da ricercarsi nel proprio patrimonio genetico. Avere nella propria famiglia alcuni malati di Alzheimer non significa essere destinati ad ammalarsi, perché nella maggioranza dei casi non vi è un’origine genetica. Il fatto è che si tratta di una malattia comune tra gli anziani e non è quindi infrequente che colpisca due o più persone nella stessa famiglia.
Indipendentemente dalla familiarità, tutti possiamo ammalarci a un certo punto della vita. Tuttavia, è nota ora l’esistenza di un gene che può influenzare questo rischio. Questo gene si trova nel cromosoma 19, ed è responsabile della produzione di una proteina chiamata apolipoproteina E (ApoE). Esistono tre tipi principali di tale proteina, una delle quali (la ApoE4) rende più probabile il verificarsi della malattia.
Non si tratta della causa della malattia, ma ne aumenta la probabilità. Soltanto nel 50% dei malati di Alzheimer si trova la proteina ApoE4, e non tutti coloro che hanno tale proteina presentano la malattia.
Cosa si intende per forme familiari di malattia di Alzheimer?
In un numero estremamente limitato di famiglie (alcune decine in tutto il mondo), la malattia di Alzheimer si presenta col carattere di malattia genetica dominante. I membri di tali famiglie possono ereditare da uno dei genitori la parte di DNA che causa la malattia. Mediamente, la metà dei figli di un genitore malato erediterà la malattia, che in questo caso avrà un esordio relativamente precoce: tra i 35 e i 60 anni.
La maggior parte delle forme di Alzheimer sono definite sporadiche, cioè si manifestano senza ereditarietà tra le generazioni di una famiglia ed esordiscono dopo i 65 anni.
In una minoranza di casi, invece, l’Alzheimer si manifesta in età più giovanile (prima dei 60-65 anni). Il 60% di queste forme ad esordio precoce sono denominate familiari, ovvero la malattia si manifesta in due o più persone appartenenti allo stesso nucleo familiare; il 13% di esse è causato dalla presenza di una mutazione genetica presente sin dalla nascita.
Le rare forme di Alzheimer causate da una mutazione genetica vengono trasmesse con modalità definita di tipo autosomico dominante per cui il 50% dei figli (1 su 2, indipendentemente dal sesso) della persona portatrice della mutazione ha la possibilità di ereditarla.
Le mutazioni finora identificate nella malattia di Alzheimer familiare riguardano geni chiamati presenilina-1 (PSEN1), presenilina-2 (PSEN2) e proteina precursore di beta-amiloide (APP).
La ricerca sul morbo di Alzheimer
Un gruppo di ricercatori di Milano, cui fa parte la ricercatrice Daniela Galimberti, insieme a oltre trecento gruppi di ricerca europei e americani, hanno condotto le analisi su più di 94 mila individui, riuscendo così a stabilire un’associazione tra la malattia di Alzheimer e cinque nuove varianti genetiche localizzate in geni chiave per i meccanismi dell’immunità e dell’infiammazione.
Questo risultato conferma che immunità e infiammazione hanno un ruolo importante nei meccanismi che portano all’insorgenza dell’Alzheimer. La produzione di citochine innesca una reazione infiammatoria, che può diventare o meno cronica a seconda dei casi, e che è quindi sicuramente coinvolta nello sviluppo dell’Alzheimer; non è tuttavia noto se inneschi altri processi coinvolti nello sviluppo della patologia.