Quali sono gli esami del DNA per diagnosticare la Calvizie? Quali terapie riescono a curarla? La Calvizie femminile esiste davvero? Queste sono solo alcune delle domande cui daremo risposta in questo articolo. Infine vi spiegheremo in maniera dettagliata cosa sia scientificamente l’Alopecia Androgenetica meglio nota come Calvizie.
#1 – Che cos’è la calvizie?
Il termine scientifico con cui è identificata la calvizie è “Alopecia Androgenetica” (talvolta chiamata riduttivamente “seborroica”, “ereditaria” o “maschile”). Tale malattia del cuoio capelluto fa parte di un raggruppamento più ampio che comprende più di 15 diverse alopecie che viene suddiviso per semplificare in Alopecie Cicatriziali e Alopecie Non Cicatriziali a seconda che si formi o meno una cicatrice nell’area priva di capelli.
L’alopecia androgenetica è legata ad un incremento dell’attività dell’enzima 5-alfa reduttasi di tipo II, che trasforma il testosterone in diidrotestosterone. L’aumento del diidrotestosterone locale nei bulbi porta alla miniaturizzazione e poi alla perdita dei capelli. Negli uomini i bulbi colpiti sono localizzati nella regione frontale e nel vertice perché in questa zona l’5-alfa reduttasi è più attiva, quindi vi si concentra una maggiore quantità di DHT. Pertanto la maggior parte degli uomini colpiti da alopecia androgenetica quasi sempre mantiene capelli sani nella zona della corona, che corrisponde alle aree occipitali e temporali del capo. Nei bulbi della regione frontale e del vertice diminuisce il tempo della fase anagen e conseguentemente inizia prima la fase telogen. In un periodo di molti mesi o anni, la morte precoce dei bulbi arriva fino alla definitiva scomparsa dei capelli.
#2 – Calvizie femminile
La Calvizie colpisce circa l’80% degli uomini ma secondo le statistiche ne è affetta anche il 35% delle donne in età fertile e ben il 50% di quelle in menopausa. La manifestazione della patologia nel maschio si verifica molto presto. Sono frequenti casi già molto avanzati intorno ai 18-20 anni con picchi tra i 20 e i 30 anni dopodiché progredisce fino ai 40-50 e poi rallenta o si ferma.
Nella donna, invece, si può manifestare:
- in giovane età, a partire dai 16-20 anni con una progressione lenta ma costante fino ai 45-50 e durante la menopausa, arrivare ad una consistente acutizzazione del fenomeno;
- direttamente dopo la menopausa in assenza di sintomi precedenti.
L’alopecia androgenetica femminile porta ad un aumento della produzione di ormoniandrogeni nell’organismo e una maggiore sensibilità dei follicoli a questi ormoni. Le donne vanno incontro ad un diradamento più diffuso che generalmente coinvolge tutta la parte superiore della capigliatura.
Durante la gravidanza si riscontra un notevole aumento degli ormoni estrogeni. Gli estrogeni infatti inibiscono la 5-alfa reduttasi e riducono la produzione di DHT, che è il responsabile della miniaturizzazione dei capelli. Il loro calo quindi può aprire la strada all’alopecia androgenetica femminile. Mentre aspetta un figlio, nella donna si instaura un nuovo equilibrio ormonale che è favorevole alla crescita dei capelli e che impedisce la fisiologica entrata in riposo del follicolo. Ciò rende i capelli più forti e più belli. Quando queste condizioni vengono meno, e cioè dopo tre mesi dal parto, si può manifestare un’eccessiva caduta dei capelli. Questa tipologia di caduta di capelli solitamente ha una risoluzione spontanea.
Un altro periodo della vita di una donna in cui si ha una rapida diminuzione del livello degli estrogeni è la menopausa. Quando calano, viene meno anche la loro azione contraria agli ormoni androgeni. La calvizie femminile è spesso legata, infatti, a scombussolamenti ormonali, all’utilizzo di alcuni tipi di farmaci o al sottoporsi a determinati tipi di trattamenti medici e a vizi poco salutari quali fumo ed alcol.
#3 – Falsi miti sulla calvizie
«Gli uomini calvi sono più “virili” o sessualmente attivi degli altri.»
FALSO. I livelli di testosterone libero sono fortemente collegati alla libido e anche ai livelli di DHT, ma non è stato dimostrato come questo influenzi la virilità. L’attività sessuale è multifattoriale, e il profilo androgenetico non è l’unico fattore determinante nella calvizie. In realtà l’esperimento di Benveniste fu poi ripetuto, oltre che da altri laboratori, alla presenza di una commissione e si rivelò un fallimento sanzionando così l’infondatezza della suddetta teoria. Inoltre, dato che la calvizie è progressiva e il testosterone libero cala con l’età, lo stato dei capelli di un uomo potrebbe essere più indicativo del suo passato che della sua predisposizione presente. Non è la quantità di testosterone totale prodotto la causa della calvizie. Questa errata convinzione ha generato una serie di credenze fra cui quella che attribuisce ai calvi un maggior vigore sessuale. Infatti è solo il DHT presente in ogni singolo follicolo e non la quantità di testosterone totale a innescare il processo alopecico. A prova di ciò le donne che hanno un bassissimo livello di testosterone ma predisposte all’alopecia androgenetica, se non mettono in atto cure adeguate, vanno incontro a calvizie o sfoltimento.
«La calvizie si prende dal padre della propria madre.»
FALSO. Il gene del recettore per gli androgeni (AR), è localizzato nel cromosoma sessuale X e quindi è sempre ereditato dal lato della madre negli uomini. C’è una probabilità del 50% che una persona condivida lo stesso cromosoma X del padre di sua madre. Dato che la donna ha due cromosomi X, ha due copie del gene del recettore androgeno mentre l’uomo ne ha una sola. Tuttavia, la ricerca mostra anche che una persona con un padre calvo ha anche una probabilità notevolmente maggiore di diventare calva. Gli uomini i cui padri sono affetti da alopecia hanno una probabilità 2,5 volte maggiore di esserne soggetti a loro volta, a prescindere dal lato materno.
«Tagliare i capelli li fa ricrescere più in fretta e più forti.»
FALSO. È un’illusione originata dal fatto che il capello ha una circonferenza maggiore alla base dello scalpo. Tagliare i capelli non influenza la ricrescita in alcun modo.
#4 – Come funziona il test del DNA per la calvizie?
Il test del DNA per la Calvizie è volto alla ricerca di varianti genetiche associate ad una elevata incidenza dello sviluppo dell’alopecia androgenetica. Nello specifico l’esame verterà su 4 polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs):
- Due di questi marcatori si trovano sul gene del recettore per gli androgeni (AR) localizzato sul cromosoma X (AR rs6152 & EDA2R rs1385699);
- Un altro marcatore è localizzato sul cromosoma 19 (C19orf26 rs1160312);
- Il quarto ed ultimo marcatore è localizzato sul cromosoma 20 (20p11 rs2180439).
Per fare il test basterà un campione di saliva che dovrà essere prelevato con la strumentazione inviata dal laboratorio al domicilio del cliente. Il kit è composto da un imbuto collegato ad una provetta che servirà per raccogliere la saliva necessaria alle analisi. Dopo aver eseguito il prelievo, passerà il corriere a ritirare i campioni e consegnarli in laboratorio, con il referto inviato per mail in 10 giorni lavorativi.
È importante capire che trovare queste varianti nel proprio DNA e quindi avere una “predisposizione” genetica, non significa che svilupperemo la malattia ma solo che abbiamo una probabilità maggiore e quindi potremmo iniziare un trattamento preventivo per evitare la caduta di capelli.
#5 – Terapia e cura della calvizie
Le terapie farmacologiche sono mirate verso due obiettivi:
- Ridurre l’azione del DHT sul follicolo pilifero;
- Stimolare la crescita e rafforzare i capelli esistenti.
Ridurre l’azione del DHT
Per quello che riguarda il primo punto il farmaco più prescritto dai tricologi è sicuramente il Finasteride. Questa sostanza agisce inibendo l’enzima 5-alfa reduttasi e quindi impedisce la conversione del testosterone in diidrotestosterone. Invece il Minoxidil riduce o arresta la caduta dei capelli favorendo in alcuni casi la ricrescita, almeno temporanea, degli stessi. Assunto per via orale, il minoxidil diminuisce la pressione arteriosa favorendo la dilatazione dei vasi sanguigni.
Stimolare la crescita
Meno chiaro risulta, invece, l’effetto stimolatorio sulla crescita dei capelli esercitato quando viene impiegato per via topica. Nonostante ciò, si presume che il minoxidil sia in grado di influenzare il ciclo vitale dei capelli prolungando la fase anagen. Fino a quando non ci sarà una presa di posizione netta delle autorità competenti con campagne d’informazione mirata questa piaga non sarà mai debellata e dovremo purtroppo sentire di esseri umani che nel XXI° secolo muoiono per ignoranza e disinformazione.
Autotrapianto
Tra le tecniche chirurgiche in grado di rallentare il decorso dell’alopecia dobbiamo sicuramente citare l’autotrapianto di capelli. Questa metodica prevede il prelievo di bulbi geneticamente protetti dal deidrotestosterone dalla nuca e dall’area temporale della testa del paziente. Tali bulbi vengono quindi innestati nella zona interessata dalla calvizie, rinfoltendola e ridonando così l’aspetto desiderato. In questo modo si evitano rischi di rigetto assicurando la ricrescita continua nelle zone dove sono impiantati. Questa tecnica chirurgica viene sempre meno utilizzata in quanto non è una cura per la calvizie ma solo un rimedio estetico nel breve periodo. Se infatti prima non viene curato il problema alla radice, servirà un nuovo trapianto di capelli nel giro di 2-3 anni.
Nuove cure contro la calvizie
Tra le tecniche più recenti e all’avanguardia per contrastare la calvizie abbiamo:
- I fattori di crescita piastrinici (PRP): si tratta di una sostanza iniettata direttamente nel cuoio capelluto del paziente costituita da plasma ad alta concentrazione di piastrine le quali possono aiutare a rigenerare i tessuti danneggiati dalla calvizie e quindi far ricrescere i capelli.
- Utilizzo di Cellule Staminali: si asportano i follicoli del paziente e viene prelevata anche una parte di tessuto cutaneo accanto ad esso, di circa 2 millimetri. Tale materiale viene sminuzzato in cluster tessutali di pochi micron, solitamente associati al PRP. Il concentrato viene poi immesso sotto cute.
“Ma queste cure funzionano per ogni individuo?”
La risposta è “dipende”…dipende da 3 fattori:
- Età del paziente: un soggetto di 20-25 anni che inizia a curarsi ai primi sintomi di alopecia androgenetica avrà sicuramente più probabilità di guarire che un soggetto di 40-45 anni con calvizie non curata da anni in cui la patologia è già in stato avanzato;
- Gravità della calvizie: infatti possiamo avere giovani di 20 anni già gravemente compromessi, e casi di alopecia a lento decorso in soggetti di 40 anni;
- Risposta soggettiva ai farmaci: ogni essere umano ha una risposta diversa ad ogni tipo di farmaco in commercio.
È ragionevole affermare che intervenendo ai primi segnali sia possibile ottenere risultati di forte rallentamento della caduta ed, in casi fortunati anche ricrescita di capelli.
L’importante è quindi prevenire la comparsa della patologia eseguendo un Test del DNA per la calvizie e avere tanta costanza nelle cure.