disconoscimento di paternità

Quando e come si richiede il disconoscimento di paternità

Cos’è l’azione di disconoscimento della paternità?

Il disconoscimento di paternità è un’azione legale mediante la quale si può ripudiare il proprio figlio/padre, ovvero, far accertare e dichiarare dal giudice che tra un presunto padre e un presunto figlio nato durante il matrimonio del primo con la madre, manca in realtà qualsiasi rapporto biologico.

Coloro che vogliono proporre un’azione di disconoscimento della paternità si devono rivolgere ad un avvocato di fiducia, che si dovrà occupare di redigere l’atto di citazione che dovrà essere depositato nel tribunale del luogo nel quale risiedono la madre e il figlio.

Il disconoscimento di paternità dovrà essere fatto nel rispetto di determinati termini, che cambiano in relazione al soggetto che esercita l’azione.

Chi può chiedere il disconoscimento della paternità?

Secondo il codice civile, l’azione di disconoscimento di paternità del figlio nato nel matrimonio può essere esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio stesso divenuto maggiorenne, ma anche:

  • un curatore nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni o, se si tratta di figlio di età inferiore, del pubblico ministero o dell’altro genitore;
  • i discendenti o gli ascendenti del presunto padre o della madre se questi sono morti e non è decorso il termine per esercitare l’azione;
  • il coniuge o i discendenti del figlio morto senza aver promosso l’azione.

Quando si può chiedere il disconoscimento di paternità?

Marito, madre e figlio possono chiedere il disconoscimento della paternità, ma con tempi e in circostanze diverse.

Madre

L’azione di disconoscimento della paternità in questo caso deve essere proposta entro sei mesi decorrenti o dalla nascita del figlio o dal giorno in cui è eventualmente venuta a conoscenza del fatto che il marito, al momento del concepimento, era affetto da impotenza di generare. In ogni caso l’azione non può più essere esercitata una volta che siano decorsi cinque anni dalla nascita.

Questi termini restano sospesi se la madre si trova in stato di interdizione dovuta a infermità mentale oppure è in condizioni di abituale grave infermità di mente.

Marito

Il marito può disconoscere il figlio:

  • se si trova nel luogo della nascita del figlio al momento in cui essa avviene, il padre ha un anno dal giorno della nascita;
  • se invece era lontano al momento del parto, il padre ha un anno dal giorno del suo ritorno nel luogo della nascita del figlio o da quello in cui ritorna nella residenza familiare (il termine decorre dal ritorno anche se ha avuto conoscenza della nascita in un momento precedente);
  • se prova di non aver avuto notizia della nascita nel giorno del ritorno, il padre ha 1 anno dal giorno in cui ha in ogni caso avuto notizia della nascita;
  • se il padre dimostra di avere ignorato l’adulterio della moglie al tempo del concepimento o la propria impotenza di generare al momento del concepimento, ha 1 anno dal giorno in cui è venuto a conoscenza dell’adulterio.

Come per la madre, tali termini restano sospesi se il padre si trova in stato di interdizione dovuta a infermità mentale oppure versa in condizioni di abituale grave infermità di mente.

Si deve anche precisare che, sia per la madre sia per il marito, se gli stessi muoiano senza essere riusciti a promuovere il disconoscimento, ma prima che siano decorsi i termini sopra indicati (in simili circostanze il termine decorre dalla morte del presunto padre o della madre), sono ammessi ad esercitarla in loro vece i discendenti o gli ascendenti.

Figlio

La legge consente anche al figlio di promuovere l’azione di disconoscimento della paternità.

In simili circostanze, l’azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio che ha raggiunto la maggiore età ed è imprescrittibile (non ha scadenza).

Come ripudiare un figlio?

Per disconoscere il figlio è necessario presentare attraverso il proprio avvocato un ricorso al tribunale ordinario del luogo di residenza della madre o del figlio e per vincere la causa l’uomo deve dare la prova di non essere il padre.

Il test di paternità legale rappresenta la prova regina in questi casi, in quanto rappresenta l’unica prova diretta e non presuntiva della paternità, perché dimostra con certezza che il figlio ha caratteristiche genetiche incompatibili con il presunto padre.

Ad esempio, se il marito sostiene che la moglie non ha concepito con lui il figlio può ricorrere all’esame del DNA anche in mancanza della dimostrazione dell’adulterio o dell’impotenza. Il giudice non può obbligare la parte a sottoporsi all’esame del DNA, ma il rifiuto ingiustificato viene considerato come elemento di prova. Scopri come fare un test del DNA in privacy ed anonimato cliccando qui.

Altre prove che il padre può utilizzare per ripudiare il figlio sono: dimostrare di essere stato affetto da impotenza (intesa come incapacità ad avere rapporti sessuali o incapacità di concepire); oppure deve dimostrare di non aver convissuto con la madre e quindi di non aver avuto rapporti sessuali nel periodo del concepimento; deve cioè dimostrare che le vite dei coniugi si svolgevano in modo tale da escludere anche la possibilità di incontri occasionali (non è invece sufficiente provare che hanno vissuto in luoghi diversi).

Come ripudiare un genitore?

Un figlio non può disconoscere legalmente i propri genitori anche se i genitori si sono macchiati di fatti gravissimi i legami di sangue non possono essere cancellati. Il figlio può andar via di casa, allontanarsi dai propri genitori, evitare di sentirli, provare a dimenticarli.

Mantenimento e disconoscimento della paternità

Se un padre decide di andare in tribunale chiedendo che venga disconosciuta la sua paternità a seguito della scoperta, per esempio tramite l’esame del DNA, che il figlio non è il suo e vince tale causa allora non è più tenuto a mantenerlo. L’inesistenza del legame biologico fa cadere ogni dovere di mantenimento che si basa sul rapporto di filiazione. Ciò è certificato dalla Suprema Corte di Cassazione (Cass. sent. n. 23973 del 24 novembre 2015).

È importante notare però che il padre è tenuto lo stesso a mantenere il presunto figlio, anche se viene a sapere tramite esame del DNA che non è suo, fino a quando il giudice non disconoscerà in modo formale la paternità.

Quindi occorre accelerare la tempistica il più possibile, per esempio facendo subito un test del DNA per verificare la paternità, noi come DNA Express eseguiamo sia i test informativi anonimi che quelli con valore legale, clicca qui per saperne di più.

Conseguenze del disconoscimento di paternità

Con l’accoglimento dell’azione di disconoscimento della paternità si elimina lo stato di figlio, con conseguente esonero da parte del marito dei doveri di assistenza, istruzione ed educazione nei suoi confronti; inoltre il figlio per effetto della sentenza, perde il cognome del padre.

Come cambiare il cognome?

È consentito cambiarlo quando il cognome è ridicolo o vergognoso o in tutti gli altri casi in cui vi sia una valida causa di giustificazione (per esempio un disconoscimento di paternità).

La richiesta deve essere presentata dall’interessato alla prefettura del luogo in cui ha la residenza. Il Prefetto, ricevuta l’istanza, apre l’istruttoria, acquisisce le informazioni del caso e inoltra la pratica al ministero dell’Interno. La procedura si può concludere con l’accoglimento della domanda oppure con il diniego: in entrambe le ipotesi, è possibile proporre ricorso al Tar.

La situazione è parzialmente diversa quando il cambiamento riguarda un minorenne o è richiesto da uno dei due genitori.

Togliere il cognome al figlio minorenne

Quando sorge un disaccordo insanabile tra genitori e figlio e si vuole cambiare cognome è necessario rivolgersi al Tribunale per la nomina di un curatore speciale. 

Per la scelta di cambiare il cognome del figlio è necessario il consenso di entrambi i genitori. Infatti, la richiesta presentata soltanto dal padre che vuole disconoscere il minore può essere rifiutata: è questo l’orientamento consolidato delle prefetture e dei tribunali amministrativi regionali.

Lo stesso principio si applica quando è la madre a chiedere di sostituire il cognome paterno con il proprio. Questa soluzione vale soprattutto quando non vi sono motivi che giustificano una decadenza dalla potestà genitoriale.

Infatti, nella domanda presentata al Prefetto occorre indicare la motivazione su cui si fonda la richiesta, se il Prefetto reputa conveniente per la madre la variazione fornisce un parere favorevole. In caso contrario, oppone un rifiuto che può essere impugnato dagli interessati dinanzi all’autorità giudiziaria.