I “fattori ereditari discreti”, ovvero i geni
Il concetto di fattori ereditari discreti venne utilizzato per la prima volta dal monaco boemo Gregor Mendel, intorno al 1850, il quale effettuò i primi studi di genetica moderna.
Questi studi, condotti nell’arco di otto anni, permisero di formulare le leggi che stanno alla base dell’ereditarietà. Ai tempi di Mendel non si sapeva ancora niente dei cromosomi ed era radicata la convinzione che i caratteri presenti nella progenie derivassero dal mescolamento di non ben specificate “essenze”.
Egli dimostrò come i genitori trasmettono ai figli i fattori ereditari discreti che mantengono la propria individualità da una generazione all’altra, e che indipendentemente da come sono mescolati, mantengono sempre la propria identità. Mendel giunse alla conclusione che i caratteri ereditari fossero “discreti”, cioè delle unità finite e distinte, proponendo quindi un modello di ereditarietà particolata. Solo successivamente a queste unità discrete fu assegnata la definizione che ancora oggi utilizziamo: i geni.
Gli esperimenti e le tre leggi di Mendel
Mendel scelse di effettuare gli studi sulle piante di pisello perché hanno un breve tempo di generazione, producono una prole numerosa a ogni generazione, hanno molte varietà, ma soprattutto perché queste piante si autoimpollinano. È fondamentale infatti il concetto di linee pure: varietà nelle quali l’autoimpollinazione produceva sempre discendenti con caratteristiche identiche a quelle dei genitori.
Grazie ai suoi studi gli è stato possibile formulare tre leggi che gli garantiranno il titolo di “padre della genetica”:
- Legge della dominanza: in un incrocio tra due linee pure, la progenie si manifesta sempre con un solo carattere, detto dominante.
- Legge della segregazione: durante la generazione della prole, i due membri di ogni carattere si separano.
- Legge dell’assortimento indipendente: due fattori, responsabili di due diversi caratteri assortiscono indipendentemente l’uno dall’altro.
Applicazioni delle legge di Mendel ai giorni nostri
Grazie agli studi di Mendel è stato possibile comprendere come una malattia genetica venga o meno trasmessa dai genitori ai figli.
- Eredità autosomica dominante: tutti coloro che sono portatori dell’allele dominante che provoca la malattia la sviluppano (es. Corea di Huntington – Acondroplasia – Osteoporosi)
- Eredità autosomica recessiva: è un tipo di ereditarietà in cui solo se sono presenti contemporaneamente gli alleli malati (quindi omozigoti recessivi) essa si sviluppa nell’individuo (es. Fibrosi Cistica – Anemia Falciforme – Fenilchetonuria)
- Eredità eterosomica legata al cromosoma X: è di norma recessiva e i soggetti affetti sono quasi esclusivamente maschi che possiedono il gene mutante, poiché le femmine portatrici possedendo un gene sul cromosoma X sano compensano il gene mutato e non hanno un fenotipo affetto (es. Distrofia Muscolare di Duchenne – Daltonismo – Emofilia – Favismo)
- Epistasi: in conseguenza della quale un gene maschera l’espressione dell’altro (es. Albinismo)
- Pleiotropia: un unico gene determina effetti fenotipici multipli, a prima vista, anche non correlati fra di loro (es. Anemia Falciforme – Fenilchetonuria).
Come accertare di essere portatore di una malattia genetica?
Alcune delle malattie ad eredità mendeliana che abbiamo appena citato possono essere verificate in un individuo con un semplice test di predisposizione alle malattie genetiche che è in grado di valutare la percentuale di rischio di un individuo a decine di malattie come Osteoporosi, Celiachia, Alzheimer, Sclerosi Multipla, otto tipi di Cancro e cinque patologie cardiache.
Il kit viene spedito a casa e dopo il prelievo di saliva con apposito tampone (un cotton fioc allungato da strofinare in bocca) i campioni vengono portati in laboratorio per le analisi e il risultato spedito per email in un paio di settimane.
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