In questo articolo andremo ad analizzare quattro tipi di malattie genetiche ereditarie a carico del fegato. Queste patologie, seppur definite “rare”, sono le più comuni nella popolazione mondiale e sono l’emocromatosi ereditaria, la fibrosi epatica congenita, la malattia di Caroli e il morbo di Wilson.
Emocromatosi ereditaria
È una malattia genetica recessiva che ha dei tempi di insorgenza molto lunghi, cioè tende a manifestarsi dopo i 40 anni di età, ma esistono delle modalità di presentazione in età neonatale e pediatrica.
L’emocromatosi determina un elevato assorbimento di ferro da parte della mucosa gastrointestinale: il ferro così assorbito si deposita nelle cellule parenchimali del fegato, del cuore, del pancreas, della milza e di altri organi interni causando, nel lungo periodo, un danno ai tessuti e, di conseguenza, un danno d’organo.
La terapia deve essere mirata al contenimento dell’accumulo di ferro nel suo insieme per esempio usando specifici farmaci in grado di chelare il ferro, quali la deferoxamina.
Fibrosi epatica congenita
La fibrosi epatica congenita è una malattia genetica che colpisce le cellule che rivestono i dotti biliari del fegato, caratterizzata da un abnorme aumento di tessuto connettivo fibroso che può comportare l’insorgenza di ipertensione portale.
Il fegato riempito da ponti di tessuto fibroso non permette al sangue di attraversarlo normalmente, ne deriva un aumento della pressione sanguigna nei vasi a monte del fegato, in particolare nella vena porta (ipertensione portale). I pazienti colpiti presentano inoltre un aumentato rischio di sviluppare il tumore maligno dei dotti biliari (colangiocarcinoma).
La fibrosi epatica congenita è causata da mutazioni nel gene codificante per la fibrocistina, proteina coinvolta nelle interazioni tra le cellule e la matrice extracellulare circostante ed ha una trasmissione ereditaria autosomica recessiva.
Malattia di Caroli
La Malattia di Caroli è una patologia rara di carattere recessivo caratterizzata dalla dilatazione dei dotti biliari presenti all’interno del fegato. Le dilatazioni dei dotti predispongono alla stasi della bile e quindi alla formazione anche di calcoli dentro ai dotti che si possono complicare con ascessi o infezioni.
I sintomi più frequenti sono dolori addominali, ingrandimento del fegato e febbre dovuta all’infezione delle vie biliari (colangite), poiché la bile tende a ristagnare nei dotti e, dato il rallentamento del trasporto della bile dal fegato all’intestino, possono presentarsi anche fenomeni di ittero (ingiallimento della pelle e degli occhi). Un’altra complicanza della malattia di Caroli è la litiasi (calcoli), che può portare a coliche biliari o a episodi di pancreatite.
Poiché queste colangiti possono essere gravi, richiedono spesso un trattamento antibiotico per via endovenosa. Per rimuovere i calcoli può essere necessario un drenaggio del dotto biliare comune, sia endoscopico che chirurgico, oppure si può ricorrere alla litotrissia extracorporea, una metodica non invasiva che applica onde d’urto e frammenta i calcoli.
Quando è coinvolto un lobo del fegato può essere necessaria una resezione epatica. In rari casi può essere indicato il trapianto epatico, anche se generalmente le infezioni reiterate rappresentano una controindicazione.
Morbo di Wilson
È una malattia genetica a trasmissione recessiva, caratterizzata da un accumulo tossico di rame, che non riesce ad essere smaltito dall’organismo, in particolare nel fegato e nel cervello.
Il rame è un metallo importante per lo sviluppo dei nervi, delle ossa, del collagene e della melanina, ma il cui eccesso deve essere eliminato attraverso la bile per evitare il raggiungimento di livelli pericolosi per l’organismo.
A causare la malattia di Wilson è un’alterazione del gene ATP7B, localizzato sul cromosoma 13. Questa mutazione altera il funzionamento di una proteina responsabile del trasporto all’esterno del fegato del rame introdotto in eccesso con l’alimentazione. Il metallo quindi si accumula inizialmente nel fegato, ma con il tempo esce da quest’organo andando a minacciare la salute di altre parti dell’organismo, in particolare cervello, occhi e reni.
I sintomi del morbo di Wilson vengono spesso confusi con quelli di altri disturbi. A seconda dell’organo danneggiato possono infatti comparire depressione, difficoltà a coordinare i movimenti o a parlare, deglutire o camminare, perdita di bava, predisposizione alle contusioni, fatica, tremori involontari, dolore alle articolazioni, perdita dell’appetito, nausea, rash cutanei, gonfiori a braccia e gambe e ittero.
La patologia può essere efficacemente controllata attraverso una terapia farmacologica che ha lo scopo di ridurre i depositi di rame nei tessuti. È consigliabile inoltre evitare tutti gli alimenti ad alto contenuto di rame, come il fegato di bovino, le frattaglie, le ostriche, i crostacei, il cioccolato, la frutta secca e i legumi.
Se il fegato è seriamente compromesso può essere necessario un trapianto.