Come valutare lo stato di salute di un bambino che deve ancora nascere?
Quando si aspetta un bambino una coppia deve prendere molte decisioni importanti che riguardano la salute di madre e piccolo. Infatti adottare buoni abitudini alimentari e seguire uno stile di vita equilibrato è indispensabile per garantire il benessere di entrambi.
I ginecologi raccomandano alle gestanti di sottoporsi a una serie di controlli standard per monitorare l’andamento della gravidanza. Particolare importanza hanno i test di screening prenatale non invasivi, i quali permettono ai genitori di sapere in modo precoce, già durante il primo trimestre, come sta il loro bambino.
Ci sono diversi tipi di esami di screening a cui una gestante può sottoporsi, ma non sempre si hanno le idee chiare su quale sia la scelta più idonea.
La translucenza nucale e l’ultrascreen (o bi-test)
La translucenza nucale (NT) misura lo spessore sottocutaneo del collo del feto, tra la 11esima e 13esima settimana di gravidanza, che aumenta in presenza di anomalie cromosomiche, come è stato evidenziato in studi condotti su più’ di 90.000 donne.
Una NT superiore o uguale a 3 mm permette di identificare l’86% delle anomalie cromosomiche. Nei feti con NT maggiore di 3 mm il rischio di anomalia cromosomica è aumentato di circa 28 volte il rischio atteso in base alla sola età materna mentre il numero dei risultati falsi positivi è relativamente contenuto (circa il 5 %).
L’ultrascreen o bi-test (o ancora duo test) consiste sia nella valutazione della translucenza nucale sia in un prelievo di sangue per la ricerca di due proteine (PAPP-A e free beta HCG) che subiscono delle variazioni in presenza di anomalie cromosomiche e/o anomalie della placenta. La percentuale di falsi positivi dell’ultrascreen è di circa 4-5%, mentre quella di falsi negativi è ancora più bassa, ma la negatività del test non può comunque dare la certezza che tale risultato corrisponda alla realtà. L’esito infatti viene espresso in termini di probabilità che l’evento si verifichi (per esempio 1:2500) e MAI in termini di feto affetto/non affetto.
Il test del DNA fetale non invasivo (o NIPT)
L’analisi del DNA fetale è uno screening prenatale completamente non invasivo e a rischio zero per il bambino in quanto si fa tramite prelievo di sangue. Inoltre è possibile eseguirlo già a partire dalla decima settimana di gravidanza, a differenza della NT e ultrascreen che si fanno dalla undicesima.
L’esame andrà ad analizzare il DNA del bambino circolante nel sangue materno e tramite una sofisticata tecnologia di sequenziamento del DNA sarà possibile determinare con affidabilità del 99,99% la presenza nel bambino delle 3 sindromi più comuni, ovvero la sindrome di Down, la sindrome di Patau, e la sindrome di Edwards.
Oltre a queste trisomie gli screening genetici individuano i fattori di rischio nel feto per lo sviluppo di altre patologie genetiche (circa 70 in totale), scongiurando ove possibile il ricorso a metodiche più invasive e rischiose per il bambino come amniocentesi e villocentesi (rischio aborto 1%).
Tipi di test del DNA fetale
Esistono molte varianti del NIPT, alcune con nomi molto altisonanti e buone per il marketing, ma alla fine sono tutti riconducibili allo stesso principio di base.
Tutti gli NIPT sono in grado di diagnosticare nel nascituro esclusivamente le tre sindromi più comuni (Down-Patau-Edwards), quindi un risultato positivo indica che il bambino è affetto da questa patologia con una percentuale di attendibilità che sfiora il 100%.
Qualsiasi altra patologia a carattere genetico, dalle anomalie alle duplicazioni e delezioni cromosomiche, il test fornisce una percentuale di rischio, se tale valore è alto allora è altamente consigliato eseguire un test diagnostico invasivo come amniocentesi e villocentesi per confermare il risultato.
Occorre anche tenere in considerazione che un referto con percentuale di rischio bassa o uguale a zero NON significa che il bambino non avrà alcuna patologia genetica, in quanto in questi screening è presente una percentuale di falsi negativi (ma anche falsi positivi) che non è possibile calcolare ma che deve essere tenuta in considerazione dal genetista cui si rivolge per questo tipo di esami.