anemia falciforme genetica

Il ruolo della genetica nell’anemia anemia falciforme

Cos’è l’anemia falciforme?

L’anemia falciforme è una malattia ereditaria caratterizzata dalla produzione di una emoglobina anomala, nota con il nome di emoglobina S.

Ogni persona eredita un gene dell’emoglobina (Hb) da ciascun genitore e quelle portatrici del tratto falcemico hanno un gene dell’emoglobina normale (HbA) e un gene dell’emoglobina falciforme (HbS). L’HbS fa sì che i globuli rossi assumano la caratteristica forma di una falce ma se una persona possiede il tratto falcemico non significa che sia affetta sicuramente da anemia falciforme, infatti il tratto falcemico è totalmente separato dalla malattia, può eventualmente causare sintomi, ma casi del genere sono rari.

La patologia è a eredità autosomica recessiva ed il rischio di trasmetterla al proprio figlio varia a seconda del fatto che ogni genitore sia portatore sano o sia affetto dalla malattia.

Cos’è l’emoglobina?

L’emoglobina (Hb) è una proteina legante il ferro contenuta all’interno dei globuli rossi, responsabile del legame e del trasporto dell’ossigeno in tutto l’organismo ed è composta da una parte proteica, le catene globiniche, ed il gruppo eme, una struttura legante il ferro.

Esistono 4 tipi di catene globiniche note con il nome di alfa, beta, gamma e delta. Le forme normali di emoglobina sono:

  • Emoglobina A (HbA): costituisce circa il 95-98% dell’emoglobina negli adulti; è formata da due catene alfa e due catene beta.
  • Emoglobina A2 (HbA2): costituisce circa il 2-3% dell’emoglobina negli adulti; è costituita da due catene alfa e due catene delta.
  • Emoglobina F (HbF) o emoglobina fetale: costituisce circa il 1-2% dell’emoglobina negli adulti; è costituita da due catene alfa e due catene delta ed è prodotta durante la vita fetale che, dopo la nascita, viene progressivamente sostituita dalla HbA.

Le varianti emoglobiniche, ossia altri tipi di emoglobine oltre la F, A e A2, derivano da mutazioni che possono essere presenti sia sulle catene globiniche alfa che non alfa. Attualmente sono state identificate qualche centinaio di varianti emoglobiniche. Le più comuni sono caratterizzate da mutazioni sulle catene beta-globiniche ovvero l’HbS, l’HbC, l’HbD e l’HbD.

Cause genetiche dell’anemia falciforme

L’HbS, responsabile dell’anemia falciforme, presenta una mutazione sulla catena beta-globinica. Essa può essere presente su entrambe le catene beta-globiniche dell’HbA (stato omozigote; malattia conclamata) o su una sola delle catene (stato eterozigote; tratto falciforme).

Nell’anemia falciforme la mutazione interessa una singola base nucleotidica del gene che codifica per la subunità Beta. Questa mutazione (un adenina rimpiazza una timina) provoca la sostituzione di un aminoacido (l’acido glutammico) con un altro (la valina).

Il risultato è una forma anomala di emoglobina – chiamata emoglobina S (da sickle, termine inglese che significa falce) – con struttura e caratteristiche fisico-chimiche differenti. In presenza di una bassa tensione d’ossigeno, l’emoglobina S polimerizza; di conseguenza gli eritrociti si allungano e si incurvano, assumendo la caratteristica forma a falce. Questi globuli rossi sono incapaci di scorrere normalmente all’interno dei capillari (vasi strettissimi dove i globuli rossi normali passano proprio grazie alla loro elasticità) e quindi tendono a bloccarsi, causando “ingorghi” nella circolazione.

Come si trasmette l’anemia falciforme ai propri figli?

Per le leggi di Mendel, se due individui eterozigoti hanno figli, ad ogni gravidanza esiste un 25% di possibilità che il nascituro presenti un’emoglobina normale, un 50% di probabilità che il figlio sia eterozigote (portatore sano, in genere asintomatico) ed un 25% che il neonato risulti omozigote, quindi malato e sintomatico.

Una persona con una copia del gene codificante per la catena beta-globinica normale ed una mutata, produce circa il 40% di HbS e quindi una quantità di HbA sufficiente (60%) da non sviluppare una sintomatologia significativa. Questo gene mutato però può essere trasmesso alla prole. Una persona con entrambe le copie dei geni codificanti per le catene beta-globiniche mutate produce circa l’80-90% di HbS e non HbA, con il conseguente sviluppo di anemia falciforme conclamata.

I portatori sani del gene mutato per l’anemia falciforme sono facilmente identificabili con un semplice esame del sangue. È anche possibile effettuare la diagnosi prenatale. Nelle coppie in cui almeno uno dei partner appartiene ad una famiglia a rischio, un colloquio con un consulente genetista è indispensabile per valutare le possibilità di dare alla luce figli affetti dalla malattia.

L’anemia falciforme è particolarmente diffusa in alcune aree del globo, in particolare nelle regioni mediterranee (soprattutto africane) e più in generale in quelle dove la malaria è tuttora presente o lo era in passato. L’anemia falciforme infatti sortisce un effetto protettivo contro questa malattia veicolata dalle zanzare. Circa lo 0,2-0,3% dei neri americani è omozigote per la malattia, mentre gli eterozigoti rappresentano l’8-13% della popolazione di colore.

Quali sono i sintomi dell’anemia falciforme?

Le persone affette da anemia falciforme non hanno un decorso clinico uguale, alcune mostrano sintomi molto lievi mentre altre mostrano disturbi anche molto gravi.

I disturbi principali sono:

  • Anemia cronica: i globuli rossi che contengono emoglobina S vengono distrutti molto prima di quelli normali. Mentre la vita media di un globulo rosso normale è di circa 120 giorni, quella dei globuli “falciformi ” non supera in genere i 20 giorni. Questo causa una penuria di globuli rossi, e quindi anemia (con senso continuo di fatica, pallore, “fiato corto” etc..)
  • Infezioni: i globuli rossi vengono distrutti soprattutto nella milza, che può così risultare danneggiata. La milza ha un ruolo importante anche nel proteggere l’organismo dalle infezioni, ed è per questo che per le persone affette da anemia falciforme (specialmente i bambini) alcune infezioni batteriche possono risultare molto pericolose.
  • Dolori e tumefazioni del dorso delle mani e dei piedi: sono causati dall’occlusione dei capillari da parte dei globuli rossi alterati. Spesso questo è uno dei primi sintomi nei bambini.
  • Dolori improvvisi: l’occlusione dei capillari può avvenire in modo imprevedibile in qualunque parte del corpo, bloccando l’afflusso di sangue agli organi colpiti. La frequenza è molto variabile: in alcuni pazienti sono rare (meno di una volta all’anno), mentre altri possono averne anche 15 o più in un anno. Il dolore può durare poche ore oppure diverse settimane e può richiedere un ricovero ospedaliero.
  • Ictus: è un rischio possibile, a causa dell’occlusione dei capillari che portano il sangue al cervello.