Affermare che non si è interessati al diritto alla privacy perché non si ha nulla da nascondere è come dire che non si è interessati alla libertà di parola perché non si ha nulla da dire.
[Edward Snowden]
Cos’è una banca dati del DNA?
La banca dati del DNA è un database di profili genetici istituito per identificare nel più breve tempo possibile gli autori di un reato, persone scomparse e collaborazioni internazionali di polizia.
I soggetti schedati sono criminali condannati per delitti non colposi, soggetti in custodia cautelare o arresti domiciliari e persone scomparse ma anche reperti biologici rinvenuti sulla scena del crimine, cadaveri o resti cadaverici non identificati.
Ad oggi, la banca dati del DNA italiana è composta da più di 40mila profili genetici.
Le origini del database del DNA
La creazione di questo potente strumento di indagine forense è avvenuta grazie all’FBI statunitense nel lontano 1996. In Europa occorre attendere il trattato di Prüm del 2005 ma in Italia tale accordo viene recepito solo nel 2009 e poi attuato definitivamente nel 2017. Il nostro database è collocato presso il Ministero dell’Interno e fa capo a 15 laboratori dislocati in diverse regioni del territorio italiano che sono direttamente sotto il controllo di Carabinieri, Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria, nonché rinomati poli universitari italiani.
Il software che permette l’organizzazione dei dati relativi al DNA nel sistema informatico si chiama CODIS (Combined DNA Index System) ed è stato fornito direttamente dall’FBI alla direzione centrale della polizia italiana.
Il diritto alla Privacy
Per la privacy e legittimità nel trattamento di informazioni sensibili, va specificato che tale software è in grado di catalogare tutti i profili del DNA presente nel database in maniera anonima. Ciò si realizza in quanto il software prevede l’assegnazione di codici alfanumerici specifici ed unici a ciascuno campione. Le informazioni nel database sono quindi visibili solo come “un mero insieme di numeri e lettere”. Il controllo sulla banca dati del DNA sarà costantemente sotto la cura e la vigilanza del Garante Nazionale della privacy.
La legge impone un termine massimo di 40 anni per la conservazione dei profili del DNA e di 20 anni per la conservazione dei campioni biologici. In caso di assoluzione con sentenza definitiva di un soggetto, verranno immediatamente distrutti sia il profilo del DNA che il campione biologico che lo riguardano. Stesso discorso per i profili genetici di persone scomparse che saranno cancellati a ritrovamento avvenuto o qualora accerti che le operazioni di prelievo sono state espletate in violazione delle disposizioni di legge.
Il futuro delle Indagini Forensi
Alcuni esponenti delle forze dell’ ordine vorrebbero istituire un archivio nazionale con il profilo del DNA di ogni cittadino, grazie al quale la polizia potrebbe istantaneamente comparare i campioni prelevati sulla scena del crimine. I sostenitori di questa proposta dicono che il sistema dissuaderebbe molte persone intenzionate a commettere crimini e contribuirebbe all’arresto dei colpevoli. Secondo i contrari, invece farebbe automaticamente di molti cittadini rispettosi della legge altrettanti sospetti e stravolgerebbe la massima secondo la quale si è «innocenti finché non si dimostra la colpevolezza».
Difficilmente si troverà una soluzione nel breve periodo in quanto ci sono innumerevoli punti di domanda che rimangono senza risposta. Chi garantisce al cittadino che i propri dati genetici non siano usati per fini di lucro? O ancora peggio, chi garantisce che non ci sia un utilizzo improprio in casi delittuosi del proprio DNA, magari piazzando qualche traccia biologica per incastrare un innocente.
Certo è che con una banca dati così ampia qualsiasi tipo di reato verrebbe punito in brevissimo tempo e magari il tasso di criminalità potrebbe addirittura ridursi a livelli minimi.